lunedì 21 marzo 2011

S. QUINZIO - Mysterium Iniquitatis

Confesso la mia assoluta incapacità di analizzare quest’opera di Quinzio senza metterci del mio, della mia quotidiana esperienza. E così, caro lettore, tu non potrai evitare di raffrontare questo testo con la tua vita. Perché parla di fallimento e di sofferenza. Due esperienze umane dalle quali non è possibile prescindere.
Quinzio è un teologo cattolico che come te, ateo, agnostico, credente in Cristo o meno, si pone la domanda della sofferenza del mondo, dell’ingiustizia del mondo, della sconfitta finale che attende ogni creatura. In più da cristiano cerca una giustificazione, abbracciando la più severa e alta di tutte. Solo nella sofferenza, nell’esito catastrofico e incomprensibile di ciascuna vita, può passare la Salvezza. Sa bene quanto questo sia intollerabile, quanto questa vertigine sia talmente inaccettabile. Eppure, eh, eppure. Lui crede a Cristo, che muore e non capisce perché muore. Lui, così Vitale.
Quinzio si interroga sulla dimensione temporale dell’attesa della Salvezza. La Parusia si fa attendere da troppo, e la Promessa del Salvatore sembra sempre più avere un costo spropositato. La Fede diventa per Quinzio un abisso profondissimo, un muro nero nel quale gettarsi oltre ogni ragione umana, contro ogni concetto di retribuzione morale, contro la validazione di ogni precetto, contro tutto ciò che è umanamente sperabile.  Senza giustificazione, senza alcun segno di benevolenza divina.
Quinzio, scomodo perché uomo in piedi, avanza infine la sua final solution, la sua personale visone escatologica. Se la Chiesa è il Corpo di Cristo, allora anch’essa dovrà fallire, implodere in sé stessa e morire, senza capire il perché, tradita da chi ama. Solo allora finirà la storia.

Credetemi anche se non credete, qui c’è un uomo che soffre. E come chi soffre è stato davvero tanto solo e lasciato solo. Portate rispetto e fate compagnia a questo disperato che come voi, è andato avanti sorridendo a stento.

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