sabato 19 marzo 2011

A.M. ORTESE - Il mare non bagna Napoli

Alla fine mi sono comprato "Il mare non bagna Napoli" dell'Ortese. Parlare di un libro in particolare della scrittrice credo sia inutile. Vale la pena leggerli tutti. Questo è il migliore, fin ora, di quelli che ho letto. Finito il preambolo, vi dirò innanzitutto che la forma scelta dall'Ortese per descrivere il suo pensiero non è il mezzo tipico utilizzato per questo genere di considerazioni. Inoltre, la prosa è vitaminizzata da un profumo vago, da un lussureggiare dorato che sa di poesia. Le considerazioni a cui accenno sono di ordine filosofico, se vogliamo esistenziale, ma la forma prescelta è il racconto, il romanzo. I collegamenti letterali che mi sono venuti in mente sono stati S.Daggerman, anch'egli un filosofo travestito da cantastorie, E.A.Poe per il disgusto servito freddo e la tristezza visionaria (e sulla visione torneremo) di  Petrarca.
Tanto per essere chiari, il problema dell'Ortese è il panta rei, tutto scorre. Dio esiste, ma per lei, come per molti, è a distanze siderali dall' uomo, sofferente ma debole, incapace e forse impossibilitato ad intervenire, infantile. Da qui si snodano pagine di dolore in cui la scrittrice sguazza con sguardo fine, disperato, ma colorato di oro, verde e nero. La vita diviene nelle pagine dell'Ortese, qualcosa di orribile la cui comprensione richiede la visione, non intesa come turbamento dei sensi, alterazione psicotropa, fuga da sciamano, ma come vetro magico con cui delineare i contorni del reale nella sua inopportunità metafisica. La realtà per l'Ortese è proprio tutto ciò che non dovrebbe essere e la ribellione, non è quella di Satana, ma è poesia come tentativo di preghiera agnostica, anche e soprattutto accusatoria di Dio.
La scrittura vale più delle strutture create, l'eleganza dello stile copre il volgare della realtà e proietta il lettore nella finzione letteraria come unica possibile realtà. Merita un podio nel cuore.

Ah quella foto. Mi sono innamorato di lei a 14 anni.

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