giovedì 26 maggio 2011

J.D. SALINGER - Franny & Zooley

Delle poche cose scritte dall'enigmatico Salinger, Franny & Zooley è il mio preferito.
Tratta dei fratelli summenzionati, di cognome Glass. Le vicende familari erano e saranno oggetto di altri episodi lettarali durante la sua breve opera.
Qui nel libro accade poco o nulla. E'un incontro/ scontro di due fratelli - i belli della famiglia - sul senso della vita all'ombra di un altro fratello, il maggiore, suicida.
Forse è tutta una scusa per parlare dei fondamenti della spiritualità umana, ma si sa, Salinger è sfuggente e reticente per definizione.
Eppure delle tante letture fatte, questa è una di quelle di cui non ho scordato una pagina, tanto mi ha giovato.
Anch'io come Franny ero in crisi con me stesso quando lo lessi. Cercavo una definizione di divino che fosse sia trascendente che umana, ma mi ripugnava l'umana natura. Quindi anelavo a qualcosa che in parte odiavo. Ancora ora lotto con la mia misantropia.
Leggendo mi risolsi alcuni dubbi. La sintesi del divino accolta da Salinger mi convinse: qualunque tazza di brodo di pollo offertati con amore, in fondo è Consacrata. Quindi per quanto schifo faccia l'umanità, in fondo, quando dona gratuitamente, si innalza sopra la morte. No?

martedì 24 maggio 2011

J.K. TOOLE - Una banda di idioti

Semplicemente avrei dovuto leggerlo prima. E'una delle migliori opere narrative che io abbia incontrato e non posso non invitarvi alla lettura. Non riesco nemmeno a recensirlo come si deve, mi sembra che ogni trovata da parte mia sarebbe inutile. Sarebbe ancor più spregevole e basso farsi belli scrivendo di capolavori come questo.

Allora vi racconto perché non l'ho mai letto prima.
Mia moglie adora Di Caprio, l'attore. Quando eravamo più giovani aveva un poster enorme appeso alla porta della stanza da letto. Io già lo odiavo prima di mettermi insieme a lei, per il suo testone da gatto e la faccia da ragazzino. Figurarsi dopo.
Lessi per caso una intervista allo stimato in cui riferiva che il suo libro preferito era appunto questo.
Quindi decisi di non leggerlo per partito preso.
Il mese scorso mi è capitato in mano alla Feltrinelli di Treviso e ho deciso che il tempo cura le ferite. L'ho comprato. Non posso dire di essermi pentito.

martedì 10 maggio 2011

M. ZIELENZIGER - Non voglio più vivere alla luce del sole

Il Giappone è terra di eventi estremi. L'affermazione, gratuita, trova qualche traccia di sostegno se pensate a quali vocaboli giapponesi sono entrati nel nostro vocabolario quotidiano. Faccio un esempio: tsunami, wasabi, kamikaze. Non sono tutte espressioni di concetti estremi?
Aggiungiamo una nuova parola: hikikomori (il confinato, il chiamato fuori). Si tratta di una sindrome psicologica che in Giappone sta colpendo molti giovani. Questi, in crisi con una società che non li accetta o non li accoglie tra i suoi tentacoli, decidono di recludersi nella propria casa o camera, senza mai uscire, interfacciandosi con il mondo solo con il computer. Le relazioni familiari diventano un mero servizio a domicilio per il cibo. Molti non guariscono, si suicidano o si lasciano consumare dall'inedia. Altri ce la fanno, in centri specializzati e con l'aiuto delle famiglie, spesso formate da genitori che hanno chiesto troppo (in termini di successo) ai propri figli.
E' un saggio sentito, per niente ampolloso, ma anzi curioso, pieno di casi umani. Interessante il sottesso paragone con noi giovani occidentali, meno estremisti, ma sicuramente ormai legati a doppio filo ai nostri monitor, senza lavoro o con poco lavoro, o con un lavoro diverso, inatteso, incasinati, pronti ad esplodere.